C’è un insegnamento che non dovrebbe essere dimenticato: è quello che ci ha lasciato in eredità un grande ministro dei Trasporti del passato che ho avuto l’onore di frequentare, il professor Carlo Bernini.
Un insegnamento riassunto in una manciata di parole che il senatore usava dire quando si trovava di fronte a soloni che utilizzavano la dialettica per nascondere altri obiettivi o il nulla: “con le chiacchiere non si impastano le frittelle”. Frase che l’ex ministro proferiva, prima di tradurla a uso e consumo di tutti, sempre in dialetto veneto: “coe ciacoe no se impasta fritoe”.
Un insegnamento più che mai attuale oggi, con il Paese in una condizione pesante, se non drammatica con il disagio sociale che cresce di 22 punti rispetto al mese di marzo, 778mila occupati in meno, 746mila inattivi in più e un ribasso del Pil del 9 per cento circa nel complesso. Dati, mostrati dall’indagine effettuata da Confcommercio, che hanno fatto osservare al suo presidente Carlo Sangalli che solo “un’accelerazione e un potenziamento degli interventi previsti dal Decreto rilancio in una situazione difficile e complessa potranno garantire la tenuta sociale e la ripresa della nostra economia”.
Dati di fronte ai quali non è certo sufficiente rassicurare il Paese con dichiarazioni come quella del ministro dell’Economia e delle finanze Roberto Gualtieri che ha rilevato “segnali di ripresa”. Dove li ha visti? O è in possesso di dati sconosciuti al resto del Paese o il suo è un semplice auspicio. E se aggiungiamo ai dati evidenziati da Confcommercio quelli dell’Istat, che danno in calo i consumi dell’8,7 per cento, gli investimenti del 12,5, con un calo dell’export pari al 13,9 e per l’import del 14, 4 per cento, la situazione non pare rientrare nelle visioni ottimistiche, ma anzi richiede immediati interventi.
Ma cosa deve fare il Governo? Per esempio superare in tempi rapidissimi, entro tre mesi, le norme sul codice degli appalti. Poi deve far partire opere già avviate ma bloccate da fatti procedurali e ferme almeno da quattro anni. Assumo a riferimento le opere che si trovano lungo il percorso delle reti Trans Europee: Terzo valico dei Giovi; raddoppio A10, la cosiddetta Gronda di Genova; la tratta ferroviaria AV Brescia – Verona – Vicenza – Padova. Questo solo per le infrastrutture del Nord.
A queste si aggiungono il nodo ferroviario di Firenze; l’Asse autostradale Tor De Cenci; l’Asse stradale 106 Jonica; le Metropolitane di Roma e Napoli. Si tratta di azioni già decise e programmate. Il valore è pari a 37 miliardi di euro e sono opere già finanziate.
Ma dal 2014 al 2020 sono stati spesi solo 4,1 miliardi, e dei fondi Pon e Por sono stati utilizzati solo 5 miliardi su 38 disponibili. Ora se in sede d’approvazione del documento economico finanziario non saranno effettuati gli interventi necessari il tanto annunciato Bazooka per il triennio 2020 – 2022 diverrà un fucilino per bambini.
Un’orizzonte, al di là della affermazioni rassicuranti, pieno di nuvoloni, considerato che nel decreto rilancio dei 55 miliardi annunciati come cassa ne esistono solo 4.818.
E, per “non farsi mancare nulla”, in questa complessa situazione sull’esportazione l’Austria prosegue nella sua azione frenante per l’Italia e la sua economia. È ora di dire basta!
Occorre pretendere che le Autorità comunitarie intervengano. Non ci si può limitare alle parole ma occorrono fatti. Magari sotto forma di denunce presentate alle Autorità comunitarie, attraverso le procedure previste contro il governo austriaco e mettendo immediatamente in funzione centri di controllo dei mezzi pesanti per coloro che entrano nel Paese dai valichi di Tarvisio e del Brennero.
Per l’Italia la sicurezza è un principio indisponibile. Per questo coloro che entrano debbono avere automezzi sicuri e i conducenti non debbono essere dei portatori di virus.
Conftrasporto è pronta a supportare ogni azione determinata che il ministro dei trasporti onorevole Paola De Micheli decidesse di assumere. Proprio come diceva Carlo Bernini, basta con le “ciacoe”.
Non è solo una battuta: se non si muteranno le situazioni, come Conftrasporto ha già in tempi passati ipotizzato e come oggi è condiviso da alcune forze politiche, in autunno avremo i “forconi” o i gilet arancioni nelle strade che troveranno facile presa sul malcontento di tanta gente.
FONTE: Rubrica “Ruote d’Italia” a cura del Presidente Nazionale Paolo Uggè